INTERVISTA A IVAN E. LOPEZ DELL’INAF DI BOLOGNA
Jwst ha osservato nel dettaglio la galassia M58, caratterizzata dall’idrogeno molecolare più brillante dell’universo locale. In particolare, sono state studiate 44 righe dell’idrogeno molecolare ed è stato trovato un feedback “gentile” dell’Agn sul gas interstellare, a testimonianza del fatto che anche Agn deboli possono influenzare il gas molecolare e regolare le riserve di materiale per la formazione stellare

Ivan E. Lopez, Cassini Fellow all’Inaf Oas di Bologna, ha conseguito il dottorato all’Università di Bologna nell’ambito del progetto Marie-Curie BID4BEST e il master all’Universidad de La Plata (Argentina), includendo un internship allo STScI (Usa). Crediti: Lopez
Messier la descrisse come una nebulosa senza stelle, talmente debole da diventare invisibile al minimo accenno di inquinamento luminoso. È il 58esimo oggetto del suo catalogo – M58, quindi – ed è una delle quattro galassie a spirale barrate da lui scoperte. Può essere osservata da entrambi gli emisferi terrestri ma qui vorremmo soffermarci su recenti misure condotte dallo spazio, in particolare dal telescopio spaziale James Webb (Jwst) che ha osservato attentamente il suo centro, in cui risiede un buco nero supermassiccio. Perché? Perché questa galassia, all’apparenza piuttosto normale, ha l’idrogeno molecolare più brillante dell’universo locale.
Per entrare nel dettaglio delle misure di Webb, Media Inaf ha raggiunto Ivan E. Lopez, Cassini Fellow all’Inaf Oas di Bologna con un progetto dedicato allo studio del feedback nei nuclei galattici attivi (Agn) a bassa luminosità, primo autore di un articolo su queste osservazioni, pubblicato a settembre su Astronomy & Astrophysics.
Lopez, cosa vi ha spinto a concentrarvi sull’analisi di M58?
«M58 era già stata studiata in una survey di galassie con Spitzer, un telescopio spaziale infrarosso lanciato nel 2003. In quei dati avevamo notato qualcosa di particolare: una emissione molto forte delle righe dell’H₂ nel centro della galassia, la più forte dell’universo locale, non facile da spiegare con i meccanismi classici di formazione stellare. Qualche anno fa abbiamo rivisitato quei dati e pubblicato un lavoro in cui proponiamo uno scenario in cui un Agn di bassa accrezione, con un getto debole, sta comunque interagendo con il mezzo interstellare. In questo scenario, le righe dell’H₂ diventano il modo più efficiente per raffreddare il gas riscaldato. Jwst ci ha dato finalmente la possibilità di testare questa idea con dati molto più dettagliati».
Su quali aspetti vi siete soffermati e cosa avete misurato?
«In questo nuovo lavoro ci siamo concentrati soprattutto sul gas molecolare caldo, che è probabilmente l’aspetto più nuovo reso possibile da Jwst e uno degli elementi più interessanti di questa galassia. Abbiamo analizzato più di 40 righe di H₂, che ci permettono di capire in modo molto preciso l’eccitazione del gas. Dopo aver escluso altri meccanismi, come i raggi cosmici o la radiazione Uv, abbiamo mostrato che l’eccitazione è dominata dal getto dell’Agn, attraverso shock a bassa densità e bassa velocità, con un contributo minimo dei raggi X dell’Agn. Questo scenario è coerente anche con la cinematica del gas: vediamo che il feedback non ha un forte impatto sulla dinamica globale della galassia, che continua a ruotare normalmente. Sono presenti solo outflow a bassa velocità, fino a circa 300 km/s, confinati alle regioni più centrali, entro circa 200 pc dal nucleo. Stiamo ora preparando un lavoro successivo, con un approccio più classico, dedicato allo studio della fase ionizzata e della polvere, per ottenere una visione completa del feedback dell’Agn in tutte le fasi del mezzo interstellare».

H2 S(1) (rosso), H2 1–0 S(1) (verde) e Paα (blu) con contorni Uv. Gli spettri mostrano i profili a doppia corna delle linee H2 ad alta eccitazione. Crediti: A&A /Lopez et al.
I vostri risultati cambiano la comprensione del feedback degli Agn rispetto ai modelli tradizionali?
«Non direi che cambino completamente il quadro, ma sicuramente lo estendono a luminosità molto più basse. In M58 non osserviamo un feedback come quello dei quasar luminosi (che rimuovono il gas molecolare dal centro), bensì un feedback che riscalda il gas, più simile a quello osservato nelle radiogalassie. Ma in M58 il getto è molto più debole, con una potenza di ordini di grandezza inferiore rispetto a una radiogalassia classica».
Le turbolenze osservate nelle regioni interne suggeriscono un outflow molecolare: quali meccanismi alla base dell’Agn ritenete siano responsabili della loro generazione e quanto sono efficienti rispetto agli outflow dei nuclei più luminosi?
«Le turbolenze e l’outlflow sono probabilmente generate dal getto dell’Agn, che inietta una quantità significativa di energia cinetica nel mezzo interstellare. Abbiamo stimato che il getto è l’unico meccanismo in grado di spiegare la forte luminosità dell’H₂, dal centro della galassia fino a circa 2 kpc, che è anche la scala dove osserviamo la fine dell’interazione tra il getto e il mezzo interstellare (Ism). Per quanto riguarda l’efficienza di questo processo, è un aspetto che stiamo ancora studiando. In un nuovo lavoro stiamo confrontando tutte le fasi del mezzo interstellare di M58 con quelle di un campione di Agn più luminosi, per capire quanto questo tipo di feedback sia efficiente rispetto agli outflow dei nuclei più potenti».
Quali sono le principali conclusioni dello studio?
«Che non si possono ignorare gli effetti di un Agn, anche quando ha una luminosità molto bassa e un getto debole. In M58 vediamo che anche questo tipo di Agn può produrre un feedback misurabile, soprattutto sotto forma di riscaldamento e turbolenza del gas molecolare. Un punto chiave è che questi Agn deboli rappresentano la popolazione dominante degli Agn. Di conseguenza, anche un feedback debole o moderato, se presente in molte di queste galassie, può avere un impatto significativo sull’evoluzione delle galassie».

La galassia M58 e, a destra, un ingrandimento del suo centro. Crediti: A&A / Lopez et al.
Ora che Jwst permette di tracciare il gas molecolare con un dettaglio senza precedenti, quali sono i prossimi target o le prossime domande fondamentali per capire meglio il ruolo degli Agn deboli?
«Il prossimo passo è costruire un campione di galassie simili, per capire quanto questo tipo di feedback sia frequente. Vogliamo anche continuare a studiare i migliori candidati, cioè galassie che mostrano un getto debole in radio ma che, negli studi ottici, non presentano segnali evidenti di feedback. In questo modo possiamo capire se il feedback degli Agn deboli è spesso nascosto e diventa visibile solo osservando il gas molecolare caldo».
Per saperne di più:
- Leggi su Astronomy & Astrophysics l’articolo “Shocked, heated, and now resolved: H2 excitation in the low-luminosity AGN at M58 core with Jwst” di I. E. López, E. Bertola, V. Reynaldi, P. Ogle, R. D. Baldi, M. Brusa, S. García-Burillo, B. Sebastian, M. V. Zanchettin, G. Cresci, J. A. Fernández-Ontiveros, A. Marconi, R. M. Rich e T. M. Rodriguez
Fonte:
Media Inaf – Il notiziario online dell’Istituto nazionale di astrofisica, apubblicato il 16/12/2025 su www.media.inaf.it
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