RILEVATI DAI SATELLITI SWARM DELL’ESA
Il campo magnetico terrestre sta cambiando forma e intensità. È quanto suggerisce un nuovo studio condotto utilizzando i dati raccolti in undici anni di osservazioni dai tre satelliti della missione Swarm dell’Esa. Tutti i dettagli su Physics of the Earth and Planetary Interiors
pubblicato il 15/10/2025 su Media Inaf – Il notiziario online dell’Istituto nazionale di astrofisica
Si origina a tremila chilometri di profondità, nell’oceano globale di ferro liquido che costituisce il nucleo del nostro pianeta. È una forza complessa e dinamica, una forza che ci protegge dalle radiazioni cosmiche ad alta energia provenienti dalle sorgenti astrofisiche e dalle particelle cariche del vento solare che ci investono quando il Sole fa le bizze. Stiamo parlando del campo magnetico terrestre.

Illustrazione artistica che mostra i tre satelliti Esa della missione Swarm per lo studio del campo magnetico terrestre. Crediti: Esa/Aoes Medialab
Utilizzando undici anni di dati raccolti dalla costellazione di satelliti Swarm dell’Agenzia spaziale europea (Esa), un team di scienziati ha identificato cambiamenti significativi della sua intensità in diverse aree del globo: nell’emisfero australe, una notevole espansione della zona di debolezza magnetica chiamata Anomalia del Sud Atlantico; nell’emisfero boreale, un indebolimento dell’intensità del campo magnetico sopra il Canada e un rafforzamento sopra la Siberia. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Physics of the Earth and Planetary Interiors.
Swarm è una missione Esa sviluppata nell’ambito del programma di osservazione Earth Explorer. Lanciata il 22 novembre 2013, è composta da tre satelliti identici (Alpha, Bravo e Charlie) che hanno permesso – e continuano a permettere – di raccogliere segnali magnetici provenienti dal nucleo, dal mantello e dalla crosta terrestre, oltre che dalla ionosfera e dalla magnetosfera. La lunga serie temporale di dati ottenuti dalla missione rappresenta il più lungo e dettagliato record di misurazioni dell’intensità del campo magnetico globale dallo spazio. Chris Finlay e Clemens Kloss, ricercatori all’Università Tecnica della Danimarca, e Nicolas Gillet, ricercatore all’Università di Grenoble-Alpes, hanno utilizzato questi dati di alta qualità per tracciare l’evoluzione del campo magnetico terrestre dal 2014 ad oggi.
Come anticipato, i risultati delle indagini hanno evidenziato due tendenze principali. La prima riguarda l’espansione dell’Anomalia del Sud Atlantico (Asa), una vasta regione di indebolimento del campo magnetico terrestre situata alle latitudini geomagnetiche del Sud America. Nota fin dai primi del ‘900, questa anomalia è particolarmente rilevante per la sicurezza spaziale: i satelliti che la attraversano sono infatti esposti a dosi più elevate di radiazioni, con conseguente rischio di malfunzionamenti e blackout temporanei. I dati dei satelliti Swarm indicano che tra il 2014 e il 2025 l’area interessata dall’anomalia si è espansa costantemente, arrivando a coprire una superficie aggiuntiva grande quasi la metà dell’Europa continentale. Non solo: le mappe geomagnetiche indicano anche che dal 2020 una porzione specifica sopra l’Oceano Atlantico, a sud-ovest dell’Africa, ha subito un rapido e intenso indebolimento del campo magnetico, passando da 22.430 a 22.094 nanotesla, oltre 300 nanotesla in meno.

Mappa che mostra le intensità del campo magnetico terrestre in diverse aree del globo, così come rilevate dalla missione Swarm dell’Esa. In basso a sinistra è indicata l’area corrispondente all’Anomalia del Sud Atlantico. Crediti: Esa, C.C. Finlay et al., 2025
«L’Anomalia del Sud Atlantico non è omogenea», spiega Chris Finlay. «Sta evolvendo in modo diverso verso l’Africa rispetto al Sud America. Ciò significa che in queste regioni sta avvenendo qualcosa che provoca un indebolimento più intenso del campo magnetico».
Secondo i ricercatori, il comportamento dell’Anomalia del Sud Atlantico è legato a particolari configurazioni della struttura del campo magnetico al confine tra il nucleo e il mantello. Si tratta di aree del campo magnetico caratterizzate da una polarità opposta rispetto a quella dominante dell’emisfero, note come zone di flusso inverso.
«Nell’emisfero australe, ci aspetteremmo di vedere le linee del campo magnetico fuoriuscire dal nucleo», aggiunge a questo proposito Finlay. «Al di sotto dell’Anomalia del Sud Atlantico si osservano, al contrario, aree dove il campo magnetico, invece di uscire dal nucleo, vi rientra. I dati della missione Swarm mostrano che una di queste zone di flusso inverso si sta muovendo verso ovest sopra l’Africa, contribuendo all’indebolimento accentuato dell’Anomalia del Sud Atlantico in quella specifica regione».

Mappa che mostra i cambiamenti di intensità del campo magnetico sopra il Canada e la Siberia. Crediti: Esa, C.C. Finlay et al., 2025
La seconda tendenza emersa dai dati della missione riguarda il campo magnetico sopra il nostro emisfero. In questo caso, le analisi hanno evidenziato due cambiamenti contrastanti, probabilmente causati da complessi processi in atto nel nucleo terrestre e associati allo spostamento del polo nord magnetico verso la Siberia: da un lato l’indebolimento dell’intensità sopra lo stato del Canada, dall’altro un rafforzamento alle latitudini geomagnetiche siberiane. L’effetto di queste variazioni, sottolineano i ricercatori, è la riduzione dello 0,65 per cento, un’area pari alla superficie dell’India, della zona con campo magnetico forte sopra il Canada e, parallelamente, l’aumento dello 0,42 per cento, paragonabile alla superficie della Groenlandia, della regione con campo magnetico debole sopra la Siberia.
«La lunga serie temporale di dati forniti da Swarm ci consente di avere un quadro d’insieme della dinamica globale del campo magnetico terrestre», conclude Anja Stromme, responsabile della missione Swarm per l’Esa. «Poiché i satelliti sono in buono stato e continuano a fornire dati di eccellente qualità, puntiamo a estendere le osservazioni oltre il 2030, periodo in cui il minimo solare potrà offrire prospettive scientifiche inedite».
Per saperne di più:
- Leggi su Physics of the Earth and Planetary Interiors l’articolo “Core field changes from eleven years of Swarm satellite observations” di C.C. Finlay, C. Kloss e N. Gillet
